I modelli di sicurezza
Al fine di illustrare i modelli di sicurezza contemplati nel nostro
ordinamento occorre premettere che nel corso degli anni lo Stato ha
dovuto misurarsi con la difficoltà sempre crescente di far fronte
all’esigenza di tutela della collettività, trovandosi, pertanto,
costretto ad ammettere e regolare il concorso degli enti locali e dei
soggetti privati in alcune attività (quelle “sussidiarie”) volte a
garantire la sicurezza dei cittadini.
Tali soggetti (o meglio operatori), infatti, hanno reclamato nel
tempo ruoli di partecipazione attiva nella costruzione di modelli volti a
rafforzare tra i cittadini il sentimento di tranquillità o a placarne
le ansie alimentate da una diffusa percezione di insicurezza.
Ciò ha contribuito alla nascita della c.d. sicurezza “integrata”,
quale strumento attuativo di politiche che vedono integrarsi le
competenze esclusive dello Stato in materia di ordine e sicurezza
pubblica, con quelle riconducibili agli enti locali ed ai privati
operanti sul piano della prevenzione, quali governi territoriali di
prossimità.
Oggi, pertanto, assistiamo ad un contesto che, da un lato contempla
le attività attinenti ad interessi pubblici primari che presuppongono
l’esercizio di speciali poteri autoritativi o coercitivi
di competenza delle forze di polizia, e dall’altro, vede emergere una
serie di attività, le quali, non riferendosi ad interessi pubblici
primari, possono, proprio per tali motivi, essere affidate ai soggetti
privati, seppur nel rispetto di determinate condizioni.
La sicurezza “sussidiaria” indica, dunque, l’insieme delle varie
attività, poste in essere professionalmente da soggetti privati (singoli
od associati), integrative o complementari della sicurezza approntata
dalle forze di polizia
La possibilità per i privati di assumere in sussidiarietà una
funzione pubblica, è legata non solo alla natura dell’attività da
svolgere, ma soprattutto alla capacità di dar vita ad un sistema
adeguato che consenta, nel caso specifico, di contemperare le esigenze
della sicurezza con la garanzia dei cittadini.
Il termine sussidiarietà è stato scelto al fine di evidenziare il
carattere complementare delle attività sopra citate, rispetto alle
funzioni di sicurezza “primaria” che restano affidate alle forze di
polizia.
Il concetto di sicurezza, infatti, non si identifica con la sola
prevenzione dei fenomeni criminosi, ma si estende a tutte quelle
problematiche in grado di turbare la serenità delle collettività
interessate.
Ciò premesso, se lo svolgimento delle attività di sicurezza
“sussidiaria” presuppone che non vengano esercitate pubbliche funzioni, o
svolti compiti comunque riservati alle forze di polizia, rimane da
chiarire se agli operatori di detta sicurezza siano attribuibili
qualifiche correlate a specifici poteri di polizia giudiziaria o di
pubblica sicurezza.
La questione non riguarda solo caratteri meramente dottrinali, ma
coinvolge aspetti destinati ad incidere concretamente sulla modalità dei
servizi a loro affidati e sulla validità ed efficacia probatoria dei
documenti eventualmente redatti.
Le guardie particolari giurate
L’attività delle guardie particolari giurate, disciplinata dagli
artt. 133 e ss. del t.u.l.p.s. e dagli artt. 249 e ss. del relativo
regolamento di esecuzione, consiste nell’esercitare l’attività di
vigilanza o di custodia di beni mobili o immobili altrui, sia
direttamente alle dipendenze di enti (pubblici o collettivi) o di
privati proprietari (singoli o associati), sia indirettamente alle
dipendenze di istituti di vigilanza (in tale ultimo caso, ex art.
134 t.u.l.p.s., è necessario ottenere l’autorizzazione del prefetto).
In ogni caso, tutte le guardie particolari giurate debbono ottenere
identica autorizzazione (attraverso il decreto di approvazione
rilasciato dal prefetto), e possedere i medesimi requisiti indicati
dall’art. 138 t.u.l.p.s.
Occorre, pertanto, fare attenzione a non confondere la licenza che deve
essere ottenuta dal privato per poter prestare opera di vigilanza o
custodia di beni altrui (ex art. 134 t.u.l.p.s.), con il decreto di
approvazione rilasciato alle guardie particolari giurate (ex art. 250
reg. t.u.l.p.s.).
L’ultimo comma dell’art. 138 t.u.l.p.s., aggiunto dall’art. 4 del
D.L. 59/08, superando annose diatribe e contrasti di opinioni, ha
definitivamente stabilito che “le guardie particolari giurate,
nell’esercizio delle funzioni di custodia e vigilanza dei beni mobili ed
immobili cui sono destinate, rivestano la qualità di incaricati di un
pubblico servizio”.
In merito all’esatta natura (pubblicistica o privatistica) da
attribuire all’attività espletata dalle guardie giurate si erano,
infatti, sovrapposti due diversi orientamenti giurisprudenziali e
dottrinali tra loro in aperto contrasto; attribuire natura pubblica alla
suddetta attività, significava attribuire loro lo status giuridico di
pubblico ufficiale.
La giurisprudenza degli anni novanta, anche alla luce delle modifiche
normative degli artt. 357 e 358 c.p. (intervenute ex L. 26 aprile 1990,
n. 86), aveva, tuttavia, già chiarito che alla guardia particolare
giurata dovesse attribuirsi non la qualifica di pubblico ufficiale,
bensì quella di incaricato di un pubblico servizio.
La Corte di Cassazione aveva, infatti, ripetutamente stabilito che,
in base al combinato disposto degli artt. 133 e 134 t.u.l.p.s., alle
guardie particolari giurate non potevano essere concesse operazioni che
importassero un esercizio di pubbliche funzioni o violazioni della
libertà individuale, poiché tali soggetti dovevano essere esclusivamente
impiegati nella vigilanza e custodia di entità patrimoniali.
Né tanto meno, stabiliva sempre la Suprema Corte, la qualità di
pubblico ufficiale avrebbe potuto essere loro riconosciuta sulla base
dell’abilitazione a redigere verbali fidefacenti, poiché, ex dell’art.
255 del reg. di esecuzione, ad essi è attribuita una attività
accertativa non in grado di esplicare effetti all’esterno dell’ufficio e
comunque, inidonea a connotare una pubblica funzione se disgiunta da un
autonomo potere coercitivo.
Bisogna, però, evidenziare che le guardie particolari giurate
acquisiscono la qualifica di pubblico ufficiale sia quando procedono,
come qualsiasi altro cittadino, ad un arresto in flagranza, sia quando,
ai sensi dell’art. 139 t.u.l.p.s., sono chiamate ad aderire alle
richieste degli ufficiali o agenti di p.s. o di p.g.
Gli agenti della vigilanza venatoria ittica e zoofila
L’ultimo comma dell’art. 138 t.u.l.p.s., ha definitivamente stabilito
che “le guardie particolari giurate, nell’esercizio delle funzioni di
custodia e vigilanza dei beni mobili ed immobili cui sono destinate,
rivestano la qualità di incaricati di un pubblico servizio”. Tuttavia
alcune leggi speciali disciplinano diversamente determinate posizioni:
- Vigilanza venatoria:
gli agenti venatori dipendenti degli enti locali delegati dalla regione
(art. 27, 1° comma, lett. a), L. 157/92) sono agenti di p.g. e agenti
di p.s., quindi sono anche pubblici ufficiali, limitatamente
all’attività di vigilanza venatoria e nell’ambito territoriale dell’ente
di appartenenza;
- Vigilanza venatoria:
gli agenti venatori non dipendenti degli enti locali (art. 27, 1°
comma, lett. b), L. 157/92) accertano le violazioni alle disposizioni
sull’attività venatoria, redigono i relativi verbali e possono chiedere
l’esibizione della fauna selvatica abbattuta e dei documenti alle
persone in esercizio o in attitudine di caccia. Limitatamente a questa
attività, essi esercitano quei poteri autoritativi che caratterizzano i
pubblici ufficiali;
- Vigilanza ittica:
gli agenti giurati addetti alla vigilanza ittica (art. 31 R.D. 1604/31 e
art. 21 L. 963/65), ai fini della sorveglianza sulla pesca, hanno la
qualifica di agenti di p.g. e quindi sono anche pubblici ufficiali;
- Vigilanza zoofila:
le guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e
zoofile riconosciute (art. 6, 2° comma, L. 189/04) sono agenti di p.g.,
quindi sono anche pubblici ufficiali, nei limiti dei compiti attribuiti
dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, in merito alla vigilanza
sul rispetto delle norme poste a protezione degli animali da
“affezione”.
Gli agenti della vigilanza venatoria, ittica e zoofila, anche quando
debbono conseguire la nomina prevista dall’art. 250 reg. t.u.l.p.s.,
esercitano un’attività diretta a tutelare un interesse non strettamente
privato, per cui la legge attribuisce loro uno status e poteri diversi
da quelli conferiti alle guardie particolari giurate destinate alla
vigilanza e custodia di beni.
L’art. 163, comma 3, del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti
locali), ha trasferito dallo Stato alle province il riconoscimento
della nomina a guardia giurata degli agenti venatori e degli agenti
ittici, riconoscimento che, pertanto, non spetta più al prefetto.
Il Ministero dell’Interno, con propria circolare inviata a tutte le prefetture,
ha chiarito che il rilascio dei decreti di riconoscimento delle guardie
giurate zoofile (e di quelle ecologiche) è, invece, ancora di
competenza del prefetto.
Rapporti tra il Corpo forestale dello Stato e le associazioni di protezione venatoria ittica e zoofila
La dimensione e la qualità dei servizi di sicurezza ausiliaria
assicurati dagli agenti giurati addetti alla vigilanza venatoria, ittica
e zoofila sono di tale ampiezza da esigere una particolare
professionalità e da richiedere una specifica responsabilità.
Salvo casi particolari, le guardie di cui trattasi sono, infatti,
normalmente legate ad una propria associazione o ente da un rapporto di
volontariato; sotto il profilo giuridico, in merito allo status di
guardia giurata, non vi è differenza alcuna tra quelle volontarie e
quelle dipendenti, intese, quest'ultime, come “retribuite”, in quanto la
normativa di base in tale materia, il t.u.l.p.s., non fa alcun
distinguo in merito.
Il rapporto che lega le guardie volontarie alla propria associazione o
ente, è comunque un rapporto di “dipendenza” poiché, per entrare a far
parte del personale di vigilanza di una di dette associazioni, si devono
comunque accettare le regole stabilite negli statuti e nei regolamenti;
inoltre, per poter permanere in servizio è necessario adeguarsi alle
direttive impartite e seguire degli specifici corsi di qualificazione.
La particolare professionalità delle suddette guardie giurate è
dimostrata anche dalla circostanza che in varie realtà, sparse su tutto
il territorio nazionale, il Corpo forestale dello Stato ha siglato
(unitamente alle prefetture ed enti locali) con le rispettive
associazioni di protezione ittico-venatoria e zoofila-ambientale,
diversi protocolli d’intesa per la sicurezza collinare e montana.
Tali protocolli sono finalizzati, nel rispetto dei ruoli dei vari
sottoscrittori, all’attuazione di politiche integrate e condivise di
sicurezza e alla definizione di modalità operative congiunte attraverso
la stabilizzazione di forme di collaborazione coordinata per
l’innalzamento dei livelli di prevenzione e contrasto delle ragioni
d’insicurezza maggiormente avvertite dalla varie popolazioni locali.
Il concetto di sicurezza, infatti, non si identifica con la sola
prevenzione dei fenomeni criminosi, ma si estende a tutte quelle
problematiche in grado di turbare la serenità delle collettività
interessate.
Il carattere complesso delle criticità presenti in ciascun territorio
richiede, dunque, l’azione congiunta non solo di più livelli di governo,
nell’ambito delle rispettive responsabilità, ma anche di tutti i
soggetti, pubblici e privati, da coinvolgere in vista della concreta
realizzazione di un sistema di sicurezza integrato e partecipato.
Infatti, come dichiarato dal Capo del Corpo forestale dello Stato,
Ing. Cesare Patrone in occasione della convenzione del 10 marzo 2005,
stipulata a Roma tra il Corpo forestale dello Stato e il WWF,
“la
prevenzione e il contenimento delle aggressioni inferte all’ambiente,
non possono prescindere da un’azione di contrasto dei reati condotta in
modo congiunto e sinergico tra istituzioni e società civile”.
È da tali finalità che scaturisce un terreno comune per la stipula, nei
diversi territori collinari e montani, di accordi e protocolli tra i
comandi provinciali del Corpo forestale dello Stato presenti sul
territorio e le varie associazioni addette alla tutela e vigilanza in
materia venatoria, ittica e zoofila.
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